Uno spazio neutro e prevalentemente oscuro protegge quelle strutture organiche dotate di un chiarore soffuso.
Ci sovviene perciò la simbologia onirica che assimila l’area priva di luce all’inconscio e l’imprecisione della forma che vi è contenuta alla <<materia prima>> di un processo vitale interiore importantissimo, non ancora chiarito coscientemente.
Non è difficile scorgervi la nozione di certi contenuti infantili dell’Eros i quali agiscono a livello intuitivo e fantastico, come a volte le macchine di Rorschach inducono a fare, creando associazioni che soltanto un giudizio superficiale può catalogare per casuali.
Ulisse Sartini, come pittore può anche trascurare questo tipo di interpretazione, seguire completamente l’istinto.
Come uomo non può assistere al processo spontaneo che va formandosi dentro di lui e scegliere di consentirvi o d’ignorarlo, trasformare tutto in una chiarezza anche intellettuale od opporsi a quello che probabilmente egli potrebbe giudicare soltanto uno strano sogno.
Queste immagini sono una specie di domanda incessante che l’artista vede formularsi e riformularsi sotto i suoi occhi durante l’esercizio della pittura: una domanda che viene dall’ignoto psichico difficilmente esprimibile a parole, a cui è possibile rispondere soltanto a patto di acconsentire a udirla serenamene, nella quale un contenuto metafisico si pone come soluzione non stereotipata, per l’adesione alla vita.