Sulla materia pittorica…
…conversando con Ulisse
-Perché un quadro possa essere definito un’opera d’arte è necessario che sia ben dipinto; la buona qualità della pittura dipende dalla qualità della materia pittorica. Ulisse cos’è la materia pittorica?
La materia pittorica è l’insieme di due elementi tra loro strettamente legati ed inseparabili: la materia fisica e la materia metafisica. La materia fisica è ciò di cui è fatto un quadro. E’ l’insieme di una massa – formata da diversi elementi- e del colore che vengono stesi sulla tela per formare un vero e proprio tessuto pittorico. Sta al talento del pittore raggiungere, attraverso un lavoro di ricerca, la realizzazione di un tessuto pittorico sempre più “sensibile”. L’elemento metafisico della pittura è ciò che genera la materia fisica manifestandosi, concretizzandosi in essa. Questi due elementi sono complementari e dunque di pari importanza, infatti quando la loro qualità è elevata ed essi sono in perfetta, reciproca armonia, creano un capolavoro. Nella pittura antica materia fisica e metafisica si sono sempre più completate e sviluppate parallelamente fino a raggiungere la perfezione con Rubens, Tiziano, Velàzquez ed altri.
-…materia fisica e materia metafisica… un concetto complesso!
Si potrebbe esemplificare paragonando l’elemento metafisico della pittura all’anima o alla ragione della persona, la materia fisica della pittura al corpo. L’anima ha bisogno del corpo per comunicare con il mondo!
-In cosa consiste l’ispirazione di un opera? Come nasce, qual è la sua origine?
Non è facile rispondere a questa domanda. L’ispirazione è quel “non so che” che spinge l’artista a dar vita ad un’opera, una irrazionale ed incomprensibile esplosione di creatività, un intervento soprannaturale…
– Di fronte ad una vera opera d’arte, chi ha una certa sensibilità percepisce la presenza di un’idea, di un pensiero, percepisce cioè la presenza del suo aspetto metafisico.
Occorre distinguere tra la metafisica della grande pittura e la metafisica che nasce con De Chirico. La metafisica della pittura dei grandi del passato è frutto dell’ispirazione dell’artista, è il pensiero che si concretizza nell’opera, … un fenomeno misterioso e sacro! La metafisica di De Chirico è il frutto di una intuizione, di una percezione di un mondo che va oltre la ragione umana, un mondo onirico dove tutto è immobile, bloccato e immerso nel silenzio e in una luce irreale, dove le ombre sono allungate e la prospettiva è deformata, dove tutto è senza vita. Questa è la metafisica di De Chirico che non ha bisogno della materia pittorica per esprimere se stessa; materia pittorica di alto livello, che troviamo in altre sue opere: paesaggi, soggetti mitologici, autoritratti.
-Hai detto che la materia pittorica, composta da materia fisica e materia metafisica, è essenziale nella grande pittura. Vuoi approfondire il significato di materia fisica? Da cosa sono formati i tessuti pittorici degli antichi maestri?
E’ un mistero, un’alchimia che i trattati sulla pittura non aiutano a svelare perché il tema della tecnica pittorica è affrontato sempre in modo vago o incompleto. La materia fisica delle opere del passato, è bella come corpo in sé ed è il frutto di un lavoro lungo e paziente in cui le pennellate si stendono, strato dopo strato. Il colore non rappresentava il principale componente del tessuto pittorico ma era utilizzato solamente per colorare. Esso era aggiunto in piccole quantità alla “massa” composta da diversi elementi sapientemente emulsionati che formavano come un unguento, una sostanza emplastica, densa ed untuosa, tale da consentire successive “velature” che rimanevano ferme, fluide e “trasparenti”. Nasceva così un tessuto pittorico luminoso e trasparente ma anche denso, robusto e resistente. La materia pittorica delle opere del passato risulta forte, densa e brillante, ricca di vigore e di robustezza, di una robustezza…fluida! La materia fisica delle opere moderne ad olio ha una differente qualità di tessuto pittorico. Il corpo si compone di elementi semplici: i colori già confezionati o al massimo diluiti. Il problema del prosciugamento viene aggirato con l’uso di superfici assorbenti che permettono al pittore di dipingere con veloci, successive pennellate. Il risultato finale è una materia pittorica povera, debole, vuota ma anche rigida e secca. Ritornando al concetto di “mistero” utilizzato dai critici d’arte o dagli intellettuali in riferimento ad alcuni quadri, esso è corretto ma utilizzato in modo sbagliato. Nella pittura il mistero c’è, esiste, ma non va cercato nei soggetti o nelle immagini quanto piuttosto nella qualità pittorica delle opere dei grandi maestri del passato cioè nella loro qualità fisica e metafisica. Il valore e l’interesse di un’opera dipendono dalla sua qualità e non dal soggetto e dallo stile.
-Sgarbi ha parlato della tua “strepitosa capacità tecnica”. Stefano Zuffi l’ha definita “impressionante”, aggiungendo che il tuo linguaggio formale è ancorato al passato pur rimanendo del tutto indipendente, libero e creativo. Sei stato definito “maestro del colore”. Vuoi parlarci della tua tecnica pittorica, dell’uso del colore?
La mia tecnica è antica, è come quella del Rinascimento; è un lavoro lungo ma che dà grandi risultati. L’ho appresa dalla grande scuola dei maestri del Rinascimento e nei musei, soprattutto la pinacoteca di Brera, dove ho trascorso moltissimo tempo. Un mio grande maestro è stato Luigi Comolli, allievo di Segantini, a cui devo tanto. Utilizzo tele con una trama molto sottile che consentono, così come una tavola, una migliore stesura del colore e resa dei particolari. Dopo il disegno preparo la grisaille cioè una prima stesura in bianco e nero (monocromo) su cui, successivamente, sovrappongo il colore a ” velature”. Per non essere disarmonico uso soltanto i tre colori primari dai quali ottengo la più vasta gamma cromatica e la trasparenza delle velature, trasparenza che dona al dipinto una particolare atmosfera. L’utilizzazione esclusiva dei tre colori primari è riportata nei trattati di pittura di Tiziano. Ritenevo fosse una leggenda fino al giorno in cui, casualmente, ho scoperto che invece era realtà; essa è possibile solo con l’uso di un certo tipo di colori primari. Talvolta inserisco i soggetti sacri, mitologici o i ritratti nell’embriocosmo che ne accentua il mistero dando anche un tocco di modernità… Ovviamente la tecnica non è tutto, non è fine a se stessa, è solo il punto di partenza, è il pilastro su cui poggia la capacità espressiva dell’artista, il suo pensiero, il suo stile ma anche la sua personalità ed il modo di esprimere se stesso. L’artista, allora, deve sapere andare “oltre la tecnica”, deve superarla, per “liberarsene” e esprimere liberamente il proprio talento.
-La metafisica si occupa degli aspetti più autentici della reatà: dell’ essere in sé, dell’origine e del senso del cosmo, della trascendenza e della immanenza. Tu hai creato gli “Embriocosmo”, opere pittoriche originali, “uniche” e di grandissima suggestione del cui significato già tanto è stato detto. Possiamo allora definire gli Embriocosmo come tua espressione metafisica!?
Si, certo, e lo devo a Pedro Fiore, critico e scrittore argentino il quale ha dato il titolo a questa mia creazione, intuendo peraltro che essa avrebbe reso le mie opere molto riconoscibili. Giovanissimo iniziai col fare un figurativo surrealista ma l’arte figurativa allora non era di moda. Successivamente, orientandomi verso l’astrattismo geometrico (tipo Mondrian), cominciai a dipingere forme geometriche: cerchi, cerchi che si ripetevano… Per essere moderno e seguire l’onda del momento facevo quanto era la negazione di ciò che sapevo fare: disegnare e pitturare. Pedro Fiore ha intuito in queste forme geometriche una espressione metafisica che a me allora sfuggiva, di cui avevo inconsapevolmente una inspiegabile ansia creativa. Mi ha sollecitato in questa direzione consentendomi di sviluppare e di maturare un pensiero, aprendomi ad un mondo importantissimo. Allora usavo una tecnica differente e, osservando nel tempo il cerchio che si ripeteva, ho portato le forme circolari alla preziosità della tecnica della ritrattistica. L’ Embriocosmo non è un’ espressione artistica astratta e il titolo lo conferma; in esso non c’è nulla di casuale, ogni particolare è pensato: ombre, penombre, luci e bagliori. E’una rappresentazione concreta del macro e del microcosmo, dell’immanenza e della trascendenza, di Dio che non ha né un inizio né una fine. Dipingere un Embriocosmo è come dipingere un’icona.
-Come si diventa artisti?
Artisti non si diventa. Si nasce con un talento che è dono di Dio. Esso va coltivato con perseveranza e dedizione, in una continua ricerca, perché possa progredire in un cammino di perfezionamento.