Memorando episodi legati alla vita di Padre Pio, mi sovvengono alcune sue confidenze allorquando con cipiglio si sentiva costretto a bistrattare qualche giovane penitente:
“Quanto mi costa usare tale atteggiamento, ma è per il loro bene!”.
Il ritratto del beato, proposto da Ulisse Sartini, è al contrario pacato e quieto.
Non vediamo più un Padre Pio “burbero benefico”, bensì un santo “divinamente innamorato”.
Quanto proposto dal pittore, che vanta consumata esperienza ritrattistica, è un momento di levitazione mistica.
È il Padre Pio che consegna ai piedi della croce i peccati uditi e perdonati; è il Padre Pio che supplica misericordia per i miseri; è il Padre Pio che cessa di domandare lumi al Signore per lasciarsi da lui interrogare.
Padre Pio dimora ieratico e mistico nell’embriocosmo crepuscolare, perché è in devota contemplazione del Cristo in croce.
Il suo animo è placato dalla preghiera, frutto di teologali virtù.
Il suo sguardo è concentrato su quanto il Signore gli insegna e, forse, gli rivela.
L’opera pittorica ferma un attimo fuggente di raccoglimento del novello beato, che si fa segno della sua ricchezza di santità.
Padre Pio è fissato nel momento della lectio divina.
Il Cristo è sempre stato il suo divin maestro.
Padre Pio lo ha studiato, predicato, meditato, pregato, contemplato e amato, fino a compartecipare ai suoi patimenti, che il pittore accenna e lascia nell’enigma avvolgendo i polsi del beato nei guanti.
I1 rosario che scorre a segnare i giorni della vita di Padre Pio è segno iconico della sua contemplazione di Cristo che si fa, come in Maria, gaudio, dolore, gloria.
Padre Pio è ritrattato su una terra che appena sfiora, ma è avvolto di paradiso, anche se il fulgore della croce non toglie peso alla sofferenza, alla solitudine, al martirio della ferialità.
Non per nulla il triangolo luminoso dato dal Cristo in croce, dalla Parola di Dio e dal volto del beato non può del tutto illuminare il resto della scena la cui luce è solo bagliore di cielo e non pienezza di visione.
Lo stesso espandersi a cerchi concentrici della scenografia pittorica è stigmatizzato da giuochi di linee che spezzano il turbine pentecostale, poiché la fuggevole scena di questo mondo è turbata dall’insidia del peccato.
Al centro campeggia il cingolo francescano che con i suoi tre nodi richiama i consigli evangelici, quale chiave di ingresso per il regno dei cieli attraverso la “porta stretta”.
Ulisse Sartini ha realizzato un Padre Pio elegantemente «francescano», in quanto lo ha ammantato di “perfetta letizia”, quale beatificante epilogo di ogni umano patimento.
Lo ha appena messo in posa, non indugiando però nel narcisismo del personale raccoglimento.
Lo ha dipinto enfaticamente assorto non per i fruitori del quadro, bensi per Dio che è luce in cui si filigrana il crocifisso.
Lo ha offerto nel suo disegno ben temperato e studiatamente oleografato alla pietà popolare che vede in Padre Pio un taumaturgo e deve imparare a scrutare in lui un modello egregio di santità.
Lo stile ricercato ed elegante del componimento pittorico rende giustizia a Padre Pio, poiché ne evidenzia, con dolcezza di immagine, la bellezza interiore.
Lo schivo protagonista, asceso agli onori degli altari, è dunque purificato nel suo carattere ed eminenziato nella sua connotazione mistica.
Ulisse Sartini, con i suoi stilemi iperrealisti, in cui si coniuga il sistema dell’embriocosmo, vuole parlare di Padre Pio ai fedeli semplici del buon popolo di Dio, che dinanzi a tale figurazione devono poter pregare, trovare consolazione spirituale, ricevere forza di conversione.
Il pittore di arte cultuale è profeta, poiché deve rivelare quanto Dio gli comunica nei “segni dei tempi”.
Il profeta però non avverte compiutamente il peso e il significato di quanto va proferendo.
Saranno coloro che sosteranno in devoto raccoglimento davanti, all°icona di Padre Pio a comprendere, di volta in volta, quanto il Signore vuole loro confidare, attraverso l’intercessione di tanto venerato personaggio.
Così l’embriocosmo di Ulissi Sartini si espande nel più grande e solenne giuoco di spazi circolari di Renzo Piano, che costituisce
il “sacro recinto” in cui confluiscono i pellegrini per riconciliarsi con Dio e celebrare i divini misteri.